"Vajont. Quando lassù."

Testo di Giovanna Caico
Adattamento e regia di Francesca Satta Flores

Con: Stefania Bogo, Simone Formicola, Manuela Montanaro, Alessandra Lazzini, Francesco Sciancalepore e gli studenti partecipanti al laboratorio condotto da Francesca Satta Flores.
Immagini dello spettacolo

Teatro Palladium
Piazza Bartolomeo Romano, 8 - 00154 Roma
16 e 17 febbraio 2018, ore 21.00

Prezzo: intero €.15, ridotto €.10, studenti €.5

Per biglietti e prevendita, visitare il sito del Teatro.

La sera del nove ottobre 1963 una massa di terra e roccia si stacca dalle pendici del Monte Toc e cade nel lago artificiale sottostante. L’impatto provoca il sollevarsi al di là della diga di un’immensa ondata. Un volume d’acqua pari a 250 milioni di metri cubi d’acqua fuoriesce e si abbatte sulla valle. In pochi minuti muoiono più di duemila persone e sette paesi scompaiono inghiottiti dall’acqua e dal fango. Il più grande è Longarone.

Il disastro del Vajont, il primo evento ripreso dalla televisione italiana, al quale dunque tutta l’Italia partecipa, segna il brusco risveglio dall’illusione che lo sviluppo industriale non presenti che opportunità e vantaggi potenzialmente illimitati.

L’azione scenica dello spettacolo si situa proprio lì, nello spazio di questo risveglio, all’alba del 10 ottobre 1963, servendosi del falso storico consapevole di una radio privata bellunese, per scoprire in tempo reale, indizio dopo indizio, il tragico accaduto e cominciare a intravederne la reale inimmaginabile portata.

Protagonista dello spettacolo, contemporaneamente al dispiegarsi di questo filo narrativo, è l’intero, complesso, ricchissimo mondo di memorie e vissuti che in pochi secondi è stato cancellato insieme alle persone che lo animavano e lo custodivano.

Il linguaggio evocativo, giustapposto a quello quasi cronachistico delle voci che si succedono al microfono della radio, restituisce l’incommensurabilità della perdita non attraverso la sua denuncia, ma piuttosto esplorando e celebrando la profondità e la ricchezza delle memorie che a questo mondo perduto sopravvivono.

E’ il tema della resilienza, sociale e personale, infatti, ad essere affrontato in questo spettacolo, complice il carattere quasi paradigmatico del disastro del Vajont, sottolineando come di fronte al dolore, al male, alla catastrofe, la strada dell’uomo possa sempre cercare un nuovo inizio o forse, meglio, una prosecuzione, a partire da ciò che di bello è vitale è stato cancellato per reincarnarlo, rinnovarlo, reinventarlo, riviverlo.

Lo spettacolo porta in scena anche alcuni studenti universitari con i quali si è affrontato un percorso laboratoriale incentrato proprio sul tema del passaggio della memoria e della sua sopravvivenza, avvalendosi delle specificità del linguaggio teatrale, che della memoria si serve per riannodare fili e creare percorsi nuovi, radicati nella vita trascorsa e aperti a quella futura.